La Partita IVA è un codice numerico di 11 cifre, che va a identificare, ai fini dell’imposizione fiscale indiretta, ogni soggetto che svolga una attività economica, sia che essa sia considerata d’impresa (ditte individuali e società) sia che non lo sia (liberi professionisti e altri lavoratori autonomi, anche iscritti in eventuali albi professionali).
Il numero di Partita IVA è così strutturato: le prime sette cifre rappresentano la matricola del soggetto, le cifre dall’ottava alla decima identificano l’ufficio provinciale dell’Agenzia delle Entrate, l’ultima è un carattere di controllo.
Anche negli altri Paesi dell’Unione Europea esistono dei corrispondenti numeri di Partita IVA, cosa che peraltro agevola il controllo della fiscalità delle operazioni economiche tra diversi Stati.
L’identificativo della Partita IVA viene rilasciato ai richiedenti dall’ufficio dell’Agenzia delle Entrate presso cui viene presentata la domanda apposita, a prescindere dal domicilio fiscale o sede legale del soggetto richiedente. La richiesta può essere effettuata anche telematicamente, oltre che a sportello, attraverso il software Entratel, anche attraverso intermediari abilitati, oppure, nel caso sia richiesta l’iscrizione in Camera di Commercio (per le attività di tipo imprenditoriale), attraverso lo sportello virtuale Telemaco Infocamere sul sito www.registroimprese.it.
Per la richiesta si utilizzano (in forma cartacea o telematica) i modelli AA9/12 per le persone fisiche e AA7/10 per i soggetti diversi dalle persone fisiche (società, consorzi, fondazioni, associazioni ecc.), entrambi reperibili sul sito dell’Agenzia delle Entrate. Con tali modelli, ai soli fini fiscali, viene dichiarato l’inizio dell’attività economica, che va identificata con un codice ATECO di riferimento. Normalmente, qualora non vi sia necessità della contestuale comunicazione alla Camera di Commercio, il termine entro cui richiedere il numero di Partita Iva è entro 30 giorni dall’inizio dell’attività economica.
Al momento della richiesta dell’identificativo di Partita IVA sarà necessario anche comunicare al’Agenzia delle Entrate a quale regime fiscale si sceglie di aderire:
Regime Forfettario, previsto per soggetti con ricavi lordi fino a €65000, che prevede esenzione dai versamenti IVA e un regime fiscale con aliquote del 15% (e del 5% nei primi cinque anni di attività), quindi notevolmente ridotte rispetto a quelle Irpef ordinarie. Non è possibile, in questo regime portare in detrazione nessuna spesa legata all’attività, a parte i contributi INPS obbligatori;
Regime Ordinario, che invece permette di portare in detrazione le spese. Si è però tenuti al versamento di Irpef e Irap senza agevolazioni particolari (salvi ovviamente casi particolari previsti dalla legge), e gli adempimenti possono essere abbastanza complessi da richiedere l’intervento di un commercialista per gestire il tutto. Ovviamente si è sempre tenuti al versamento dei contributi previdenziali e, nel caso di attività imprenditoriali, al pagamento delle quote annuali di iscrizione alla Camera di Commercio.
Qualora un soggetto si iscrivesse in Regime Forfettario all’Agenzia delle Entrate, e sviluppasse poi un fatturato superiore al limite dei €65000 previsti, avverrebbe d’ufficio il passaggio a Regime Ordinario, con i relativi oneri.
L’apertura della Partita IVA è assolutamente gratuita (salvo commissioni agli eventuali intermediari per la presentazione della pratica).
Come abbiamo detto i costi sono in realtà legati al mantenimento della stessa (tasse, spese di consulenza per il commercialista, contributi INPS) e agli eventuali adempimenti correlati (comunicazioni alle Camere di Commercio per le attività di impresa, oltre ai dispositivi di gestione come firma digitale di cui si potrebbe scegliere di dotarsi). Per un lavoratore autonomo quindi, la scelta di aprire una Partita IVA va anche correlata all’effettiva prospettiva di guadagno.
Tra spese di gestione e burocrazia e costo della vita, con incassi previsti al di sotto dei €5000 annui è da considerarsi generalmente sconsigliato aprire una Partita IVA, e usufruire del regime di collaborazione occasionale, specie se si ritiene che l’attività non abbia carattere di continuità.
Se si superano i €5000 annui non scatta, come molti credono, l’obbligo di apertura della Partita IVA (che riguarda le attività continuative), ma quello di iscrizione alla gestione separata INPS. In ogni caso, per capire come gestire al meglio la propria posizione fiscale è sempre bene consultare un commercialista.